TELEVISIONE 1974 - MILLELUCI

 

Ogni puntata dello show puntava le "milleluci" su un tema di spettacolo:

- "La Radio” (prima puntata)
- "Il Cafè Chantant” (seconda puntata)
- "La Rivista” (terza puntata)
- "La Televisione” (quarta puntata)
- "L’Avanspettacolo” (quinta puntata)
- "Il Cabaret” (sesta puntata)
- "Il Musical” (settima puntata)
- "L’Operetta” (ottava puntata)

 


L’aspetto che colpisce maggiormente il pubblico italiano è l’accostamento delle due conduttrici del varietà: Mina (la regina della canzone) e Raffaella Carrà (la soubrette, tanto amata da nonni, mamme, papà e bambini).

Uno show ricco di ospiti illustri dove sia Mina che Raffaella hanno il loro spazio personale l’una per cantare e l’altra per cantare e ballare.

Non mancano le performance insieme dove le due primedonne eseguono momenti di spettacolo ad altissimo livello da sole o con grandi ospiti come Kramer, Monica Vitti,   Erminio Macario, Nino Taranto, Adriano Celentano e Renato Rascel.

Dietro le quinte:

Come fu possibile mettere insieme le due dive? Molte sono le versioni, da quella che vuole sia stata la stessa Mina a proporre la Carrà a un attonito Falqui (che mai aveva lavorato con la vedette del “Tuca Tuca”), a quella che attribuisce il tutto alle pressioni dell’allora capostruttura RAI Giovanni Salvi, fino alla tesi secondo la quale fu l’amicizia tra i compagni del tempo delle due star, Alfredo Cerruti e Gianni Boncompagni a portare la Carrà al fianco della cantante. Forse il mistero non verrà mai chiarito, ma che importa? Di certo resta che un varietà come “Milleluci” non si è più visto. Il fatto è che, in un’Italia stritolata tra terrorismo, trame occulte, governi più o meno balneari almeno nello stile, ci si stava avvicinando, quasi per reazione, all’era del riflusso, del mordi e fuggi, dell’avere tutto e subito. La TV assorbì via via tale “humus”. Stava per finire un’epoca. Mina lo fece capire con la sigla finale. Quel “Non gioco più”, impreziosito dall’armonica di Toots Thielemans, sarebbe stato il suo messaggio d’addio ai teleschermi, divenuto definitivo col video che chiudeva “Mille e una luce” del ’78, la sensualissima “Ancora, ancora, ancora”. Falqui, invece, continuò a deliziarci coi suoi show all’insegna di una qualità mai più raggiunta dai suoi epigoni finquando, nei primi anni Novanta, la RAI – in nome di quel moloc barbaro e insensato chiamato Auditel - decise che poteva fare a meno della sua arte. E sul varietà cominciò a calare, lenta"

Tutti volevano che fossimo rivali. E invece ricordo Mina con grande affetto. Le sere ci incontravamo a casa mia per grandi mangiate e lunghe partite di scopone. E' stata una splendida compagna di lavoro." (TV Sorrisi e canzoni, n° 2 - 1987)

 

 

1974 - Milleluci

 

RAI Programma Nazionale (b/n)

 
Spettacolo di varietà musicale
   In onda dal 16/03/1974 al 11/05/1974 in 8 puntate
 
Condotto da: Raffaella Carrà e Mina
 
Autori: Roberto Lerici e Antonello Falqui
 
Scenografia: Cesarini da Senigallia
 
Costumi: Corrado Colabucci
 
Coreografie: Gino Landi
 
Orchestra diretta dal maestro Gianni Ferrio
 
Regia: Antonello Falqui
 
Sigla iniziale: "Din don dan" (Raffaella Carrà)
 
Sigla Finale: "Non gioco più" (Mina)

"Milleluci" viene unanimemente considerato uno dei migliori spettacoli della storia televisiva italiana, sia per la formula che per l'idea, piuttosto ardita per l'epoca, di far condurre la trasmissione a due primedonne dello spettacolo Italiano, con un grande riscontro in termini di gradimento dei telespettatori.

Sebbene in quel momento Mina avesse una fama maggiore rispetto a Raffaella in una intervista di pochi anni fa ad Antonello Falqui si svelò che fu proprio Mina a voler avere Raffaella come show-girl nel programma. Infatti nel progetto iniziale il varietà avrebbe dovuto essere condotto anche da Alberto Rabagliati, che però morì improvvisamente, tra la registrazione della prima e quella della seconda puntata lasciando sola Mina, affiancata dalla Carrà.
Fu così che Mina, propose ad Antonello Falqui di dare maggior spazio e la conduzione dello show anche a Raffaella.

La sigla iniziale “Din don dan”, affidata a Raffaella Carrà, entra ben presto in classifica. I titoli di coda scorrono, invece, sulle note della stupenda “Non gioco più”, firmata da Roberto Lerici e Gianni Ferrio ed interpretata da una fatale Mina, accompagnata all’armonica a bocca da Toots Thielemans.

La struttura del programma: ogni puntata doveva far rivivere di volta in volta un aspetto del mondo dello spettacolo grazie all’intervento di personaggi che quel particolare ambito rappresentavano al meglio. Ad aprire il varietà dopo la sigla “Din Don Dan” ballata e cantata da Raffaella Carrà, era Mina che presentava uno dei suoi brani più recenti. Quindi le due conduttrici davano il via al tourbillon di ospiti, balletti, canzoni, scenette, restando sempre e comunque in primo piano, impegnandosi anche come attrici nonostante i loro rispettivi pezzi forti rimanessero il balletto per Raffaella, e la musica per la Tigre di Cremona che fondeva la sua incomparabile voce con l’orchestra Rai e gli arrangiamenti studiati per lei dal maestro Gianni Ferrio.

La Radio” (prima puntata)

 A esordire è la radio. Il Quartetto Cetra si esibisce ne “La radio a galena” e il “Visconte di Castelfombrone” mentre Franca Valeri che, di siparietto in siparietto, narra l’evoluzione del mezzo radiofonico. A seguire la rievocazione delle passate edizioni dei Festival di Sanremo, col suo storico presentatore, Nunzio Filogamo. L’orchestra diretta eccezionalmente da Cinico Angelini, storico maestro della rassegna canora. L'orchestra da lui diretta accompagna Alberto Rabagliati (scomparso poco dopo la registrazione della puntata) e Nilla Pizzi da soli o con Mina e anche Jula De Palma ed Ernesto Bonino. Corrado scambia pungenti battute con le padrone di casa poi è la volta del maestro Gorni Kramer, che con le due dive interpreta “Crapa Pelada”.

"Il Cafè Chantant” (seconda puntata)

Se nella prima puntata a dominare era stato Sanremo, nella seconda, dedicata al Café Chantant, tocca a Napoli rubare la scena. Grandi attori come Mariano Rigillo e Antonio Casagrande interpretano i ruoli di guappo e e gagà mentre il ruolo femminile è recitato da Angela Luce. Raffaella si darà assai da fare, sia da sola con una travolgente “A’ rumba d’e scugnizze”, sia con Mina e la super-ospite, una Monica Vitti che gioca a fare la sciantosa, divertendosi e divertendo.

"La Rivista” (terza puntata)

Nella terza puntata, andata in onda il 30 marzo, il genere di spettacolo che viene preso in esame è la Rivista. La canzone d’inizio proposta da Mina è “Fa’ qualcosa”. Il primo ospite della puntata è Erminio Macario: con il comico Torinese Mina e Raffaella Carrà propongono due scenette cantate e ballate: “Tirami la gamba” e “Camminando sotto la pioggia” tratti dalle commedie musicali di Macario. E’ molto divertente (e Mina dà prova di una buona recitazione e tempi comici) la scenetta seguente che viene presentata, in cui Mina porta a passeggio un marito apparentemente idiota e ne parla con l’amica Carrà: in realtà il marito si rivelerà un finto tonto…
All’interno dello spazio dedicato a Macario, Mina veste i panni di Wanda Osiris, cantando uno dei barni più famosi della Wandissima, imitandone la voce e le movenze e inossando un costume sfavillante.
Il secondo ospite è Nino Taranto che propone insieme alle padrone di casa “Ciccio Formaggio”. L’altra canzone presentata con l’orchestra diretta da Gianni Ferrio è una canzone che Mina aveva già avuto modo di cantare altre volte negli anni passati: Munasterio ‘e Santa Chiara, che viene presentata in una nuova veste ancora più bella e ricca, con un evidente e continuo feeling tra cantante ed orchestra. Altro ospite è il comico milanese Gino Bramieri: insieme propongono una versione di “Copacabana” che serve da preludio per il grande finale in cui fa ingresso il vero personaggio simbolo della Rivista italiana, la vera Wanda Osiris.

"La Televisione” (quarta puntata)

Ricchissima anche la quarta puntata, dedicata alla tv che proprio nel 1974 festeggia il suo ventennale. Per questo sia Mina che la Carrà si esibiscono, rispettivamente ne “La pioggia di marzo” e in “I say a little prayer for you”, interagendo con immagini televisive, mentre Mike Bongiorno improvvisa con le due una versione di “Rischiatutto” che ripercorre le loro carriere. Alberto Lupo si prende in giro in una parodia di “Parole, parole, parole”, prima di narrare, aiutato da filmati d’archivio, gli scandali della tv che fu. Spettacolare è il numero musicale, interpretato da Mina, dalla Carrà e dalle Gemelle Kessler. Le quattro artiste si esibiscono in “So quel che sempre piacerà” dedicato rispettivamente ai movimenti sensuali di Raffaella, alla flessuosità delle mani di Mina ed alla disarmante simmetria dei passi di danza, eseguiti da Alice ed Ellen con le loro lunghissime gambe.

"L’Avanspettacolo” (quinta puntata)

La quinta serata punta i suoi riflettori verso l’avanspettacolo, genere considerato “povero” ma che lanciò gente del calibro di Totò, in auge tra gli anni ’30 e gli anni ’50, caratterizzato da un pubblico popolare, vociante e sovente volgare. Con questo deve fare i conti il presentatore Toni Ucci nel lanciare le varie attrazioni: tra balletti volutamente trasandati, Mina e Carrà che recitano le parti del gigolò e della gigolette, spiccano Aldo Fabrizi, nella spassosa canzone “Lulù” e Ciccio e Franco, impegnati in una rivisitazione di “Core ‘ngrato”. Raffa si aggira tra la platea con una comica e sexy “Che calor” prima della passerella finale sulle note, ovvio, di “Luci del varietà”.

"Il Cabaret” (sesta puntata)

Le “Milleluci” della sesta puntata si accendono sul cabaret, con la Germania tra le due guerre a dominare la scena. Da brividi Mina in “Surabaja Johnny”, mentre un ancora paffuto Gianfranco D’Angelo e il “Professor Kranz” di Paolo Villaggio condiscono il tutto con un tocco di lucida follia prima che uno strepitoso Paolo Poli, in versione “regina del tabarin” si diverta con le due star e col pubblico. Imperdibile la performance di Raffaella in “Big Spender”, classico tratto dal musical “Sweet Charity” di Coleman e chiusura affidata al duo Cochi e Renato.

"Il Musical” (settima puntata)

La settima puntata, dedicata al musical, è imperniata sulle due dive. Se, infatti, si eccettuano Gianrico Tedeschi, nei panni di un impresario impegnato a metter su uno spettacolo ed Enrico Montesano, autore di siparietti comici con tanto di imitazione di Jerry Lewis, sono Mina e Raffaella a strappare applausi continui, partendo da “No no Nanette”, “My fair Lady”, “Oklahoma” ed “Hello Dolly” fino a giungere ad “Hair”, che vede la Carrà in una suggestiva coreografia e a “Jesus Christ Superstar” con Mina nei panni della Maddalena, passando per un grandissimo “Top Hat”, dove la cantante mostra sorprendenti doti da ballerina. Delizioso il numero di chiusura, dove le due si sciolgono in un languido “Bye Bye Baby”.

"L’Operetta” (ottava puntata)

L’ultimo appuntamento ha una struttura composita: affronta operetta, circo e commedia musicale italiana. Per la prima, in un tripudio di pizzi, trine e can-can, Ave Ninchi e Giustino Durano tengono il filo del discorso assieme a una sofisticata Mina in “Frou frou del Tabarin”. L’arte circense, guidata da Moira Orfei è rappresentata dagli argentini “Los Huincas”, straordinari ballerini-giocolieri che tra tamburi e “bolas” incantano il pubblico. Pubblico che rimarrà ancor più incantato all’arrivo di Renato Rascel, che ripercorre la sua carriera di protagonista della commedia musicale. Divertentissimo assieme a Mina e alla Carrà, nei panni delle “Peter Sisters” in “Merçi beaucoup”, tenero con “Dove andranno a finire i palloncini” è il degno ultimo superospite di un superprogramma. Dopo una travolgente “Someday”, Mina si riunisce alla compagna di viaggio per i saluti, scegliendo di affidarli a un balletto, come in ogni varietà che si rispetti.

Si chiude così nel migliore dei modi uno spettacolo costruito sullo spettacolo, che vide momenti di alta classe (impossibile non citare, nella prima puntata, il sestetto jazz Basso-Valdambrini-Piana-Sellani-Cuppini-Azzolini) e altri di notevole ilarità, come la scenetta “Il conto” dove, nella quinta puntata, Mina fece da divertita spalla a uno scoppiettante Tino Scotti. Limitare tuttavia il merito dello sfavillìo di “Milleluci” alle due sole protagoniste o alla regia di Falqui (in un rigoroso quanto vivace bianco e nero), sarebbe riduttivo. Per ogni frammento di storia dello spettacolo, le scene di Cesarini da Senigallia, ben assecondate dalle luci di Corrado Bartoloni, furono pressoché perfette, quasi “parlanti”, come quella che accompagnò Mina in una intensissima, e un filino “jazzata”, versione di “Lacreme napulitane”, nella seconda puntata. Anche i costumi di Corrado Colabucci lasciarono la loro impronta: sfarzosi ma mai pacchiani, fecero risaltare al massimo le figure delle due dive, con qualche sfizioso accorgimento come quello adottato nella terza puntata, mediante un alto copricapo in stile “Carmen Miranda”: mentre ballano e cantano sulle note di “Capocabana” si nota quanto largo sia quello di Mina e più slanciato quello per Raffa, a compensare la differenza di statura tra le due. Al “Delle Vittorie”, dunque, tutti si prodigarono in un lavoro di squadra fatto di passione, professionalità e umiltà. Qualcosa di irripetibile, come anche la presenza contemporanea di due assolute primedonne.